Anche a causa della crisi delle forniture energetiche e per la generale accelerazione verso la sostenibilità, le criptovalute sono chiamate a una svolta green. Con la messa al bando del mining in Cina, che un anno fa “produceva” il 40% delle criptovalute, si è assistito a una migrazione verso i paesi più freddi, con un basso costo dell’energia e in grado di favorire il raffreddamento dei server in modo più economico. La migrazione ha favorito i paesi del Nord America tra USA e Canada. Tuttavia, il punto debole di alcune valute digitali come bitcoin sta nella grande quantità di energia che richiede.
Il progetto Ethereum 2.0 prevede in questo senso di evolvere dal suo vecchio sistema di consenso Proof of Work al più efficiente Proof of Stake: un sistema che punta a un risparmio energetico del 99%.
“Lo standard di mercato è improntato alla sostenibilità: già oggi il fossile è sceso a poco più di un terzo ma, in prospettiva, le macchine che saranno sostituite dovranno essere legate a fonti rinnovabili” spiega Fiorenzo Manganiello, co-founder di LIAN Group al Sole24Ore.
Il gruppo ha scommesso sul mining puntando sull’idroelettrico perché, a differenza del sole e del vento, questo é disponibile 24/7. All’investimento in Norvegia a Mo i Rana, il gruppo punta ad aggiungere l’espansione a Drangedal; il nuovo impianto sarà operativo da fine maggio con una potenza di 55MW.
“Vogliamo diventare i campioni europei del mining, puntando sulla circolarità: già riutilizziamo il calore per seccare il legno, adesso abbiamo un progetto pilota di vertical farming per le fragole. Non escludo che di fronte alle esigenze di ESG per le aziende quotate, la sostenibilità possa anche garantire un premio del 3-5% sulle quotazioni correnti” conclude Manganiello.